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Ferragosto 2008
Estratto dal diario di una vacanza indimenticabile.
Giovedì 15 agosto 2008.
Questa
sera l’appuntamento è per le 17:45 dalla mitica Lula, la fidata affittacamere di Mario, per partire in macchina alla volta della agognata chiesetta sul mare. Spendiamo
il pomeriggio in infruttuose passeggiate sui colli circostanti Meloi, che ci
regalano la vista di :
- Un lungo serpente schiacciato sulla strada;
- L’hotel con piscina e prato verdissimo inglese;
- Ennesimo gregge di capre cornutissime, per la gioia di Teo, l’Helmut Newton
dei mufloni.
Ci salvano l’ironia, anzi il sarcasmo di Teo, che commenta ogni angolo
dell’isola mangiaturisti con strabordante e ridicolo odio, il panorama e la prospettiva della serata in cui reincontreremo anche gli invidiatissimi in quanto motorinomuniti Flavio e Letizia. Il primo è un vecchio amico di Teo, oste di molte delle feste dette 'Occupazioni' durante le quali lui e gli altri invitati si disintegravano d'alcolici, cibo d'ogni tipo, ottima musica e divertimenti a gogò nei ridenti anni '90. Li abbiamo incontrati per purissimo caso sul traghetto tra Lipsì e Patmos con un effetto sorpresa davvero da mascella sul pavimento. Ora anche loro dormono nella casa di Lula, e sappiamo che questa sera saranno alla festa.
Giunta sera ci facciamo belli per l’evento e arrviamo
puntuali da Lula, che sarà il vero ospite clou della
serata. Il tragitto fino al santuario, su una strada sgarrupata,
è mozzafiato: baiette, spiagge, dirupi e si anfratti,
campi coltivati a strapiombo sull’Egeo, il tutto nella luce dorata che volge al
tramonto.
Ci sentiamo degli eletti e degli ospiti speciali di questa festa di ferragosto
di mare e campagna. La chiesetta è sul braccio ultimo dell’isola ricoperta con
una vista sul possibile. E’ bianca e modesta, con un cortiletto di fronte dove
sono stati predisposti tavoli e panche. Alcuni fedeli sono già in posizione,
anziani, bambini e famiglie con l’abito della festa; dei polipi penzolano sulla
rete e degli uomini corpulenti sembrano prepararsi ad accendere la brace per le
griglia, quindi Teo li osserva attento e speranzoso e già affamato. Entriamo
nella chiesetta e ci godiamo il profumo delle torri di pane pronte per la benedizione: questa volta non ce li
lasceremo scappare! Ci sentiamo belli e fortunati ad essere proprio qui in
questo momento. Mentre il coro con un pope e almeno tre omoni di buona stazza
in borghese si preparano, arrivano anche dei turisti curiosi che si mescolano
con le loro tenute estive ai fedeli compiti e pronti. Il nostro Manolis, quello che stamattina puliva le nostre camere, suona
la campana. Sotto le sferzate del melteni, il vento dell'egeo, con i
microfoni cigolanti di feedback, ha inizio la cerimonia, cantata, sentita e –
per Gaia – pure piuttosto sedativa. Capiamo che il Don Mercedes (un pope che gira per l'isola con un bel macchinone ed ostenta il relativo portachiavi) ha un ruolo
cruciale e Teo nota il climax musicale prima della benedizione. Ci spostiamo al
di fuori del cortile vicino alle braci e piano piano,
mentre si avvicina il tramonto, compaiono pane, vassoi di insalata e alla fine
perfino dell’ottima carne, tutto offerto ai fedeli ed agli xeni (stranieri) come noi. Siamo
sbalorditi e “serviti e riveriti”, è un’accoglienza grandiosa e gioiosa, ed ha
ragione il sempre sorridente Flavio quando dice che la cerimonia è un piacere
per tutti i sensi, dai canti all’odore di incenso, fino all’ottimo cibo,
passando anche per i contatto tattile con la gente stipata. Il tutto colorato
dalla luce del tramonto sul mare. Iniziano le danze, rette da un’orchestrina
tradizionale con tanto di virtuoso e krostopoviciano violino, e sono così trascinanti che, forse complice l’ottimo vino bianco
offerto in bottiglie di plastica, una piccola delegazione capitanata dalla
congrega di Patmos si lancia nel ballo. Una nonna con
una rosa rossa nello chignon è davvero la più generosa ed entusiasta, e si
muove come un’anziana Tersicore. Assistiamo a bordo
pista e ci lasciamo contagiare da questo rito gioioso, eccezionale, denso come
uno sciroppo e dolce come un moscato: le feste così dovrebbero essere un must ovunque!
Anche Mario e la sua bengentile si entusiasmano e mangiano allegri, quando
fino ad un’ora fa minacciavano di portarci via a festa appena iniziata, e così
con loro, Flavio e Letizia trascorriamo una delle cene più allegre ed
indimenticabili della nostra vita.
Quando ormai la luna è alta nel cielo andiamo a recuperare Lula e ci incamminiamo verso il parcheggio, dove a causa del gran numero di macchine il percorso è un po’ ostacolato e difficile, ma il Padoan riesce, tra una soffiata di pipa, una sommessa bestemmia e qualche parola in greco agli altri guidatori a districarsi e portarci via. Lula commenta, ride, suggerisce mosse.
Arrivati a Meloi però siamo ancora svegli ed allegri, così
decidiamo di fermarci da George a prendere qualcosa da bere; ordiniamo Ouzo e dolci e cominciamo a riversare Lula di domande sui nostri dubbi greci sulle
chiese, su chi le possiede e come vengono “usate”. Lula,
grazie alla traduzione di Mario, ci spiega che in occasione di speciali
ricorrenze sante, il Pope viene chiamato ad officiare il rito, ed ogni chiesa
è dedicata ad un particolare santo che
porta lo stesso nome di un familiare caro. La chiesetta di Meloi e difatti
dedicata a Fotini (“Lucia”, in greco), ossia la nonna
di Manoli.
Parallelamente alle delucidazioni sulle tradizioni religiose greche si svolge
un più laico dialogo tra Gaia e Barbara a proposito della popolazione di
Falconara Marittima, che verte su una certa signora Maria Castoldi,
vedova di Galeazzi… Mario ricorda di quando tanti
anni fa, prima di prendere il traghetto, i bambini, tra cui il suo Giuliano (grandissimo amico d’infanzia di Teo), all’alba scalpitavano per fare il bagno
nel mare caldo di Falconara.
Tutto questo mentre a più riprese Lula si alza e va a salutare parenti, vicini ed amici e poi due nipotone che le si avvicinano per farsi amorevolmente spupazzare. Lei non le delude. Questo non ci ferma dal
farle mille domande, e così, sempre con Mario interprete italo-greco/veneto
scopriamo che è stata in Italia più volte in viaggio con il marito Spyros e che le è sono piaciute molto: Roma, Venezia, Pisa… E’ bizzarro saperla così giramondo e poi accorgersi
che in questo ristorante, di proprietà del cugino e a venti metri da casa sua,
non ci viene quasi mai, al punto d’essere accolta come un’ospite d’onore.
Alla fine offre tutto lei e ci saluta mentre torniamo a casa carichi di un
senso di gioia ed amicizia.
-
In un attimo Teo è già sul soffice divanetto del balcone
mentre Gaia fa la sua toeletta in bagno. Quando esce, lui la chiama, le chiede
di spegnere la luce in casa e di stendersi accanto a lui in quell’angolino di
paradiso che dà direttamente sul mare. Ha un fare giocoso e indaffarato e di sotto alle chiappe tira fuori un piccolo sacchetto di carta sigillato dalla
coccinella rossa.
“Aprilo, è per te.”
“Cos’è? Non dovevi.”
“L’ho preso a Lipsi e me lo sono tenuto nei pinocchietti finora dal giorno in cui abbiamo preso il
traghetto per venire qui.”
“E perché?”
“Perché…Tatona… Ci sposiamo?”
“...”
“???”
“Sì sì sì!”
A questo punto ci abbracciamo e piangiamo un po’, increduli e felici, ma Gaia
chiede ancora una piccola cosa:
“Allora non ti sei inginocchiato…”, al che Teo si
inginocchia sul divanetto, ripete la domanda a Gaia e ci abbracciamo ancora,
per poi restare nella notte stretti mentre le nostre lacrime si scovano
incredule.
Dopo la commozione, Gaia decide di riaccendere la luce per vedere
l’anellino e Matteo le racconta che Gaia lo aveva segnalato in uno dei giorni
precedenti, dicendo che le piaceva, lì alla bancarella di Lipsi. E' in metallo con un bottone blu piatto, smaltato,
con sei pallini azzurri.
Lei lo indossa soddisfatta e ancora scossa, poi ci stendiamo a letto e cerchiamo di far durare questo momento felice quanto più possibile. Questa sera non c’è bisogno di Erodoto, abbiamo già la nostra fiaba personale.
Gaia & Teo